lunedì 27 novembre 2006

Dalle periferie del Basso Impero

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[1]
L’impero romano
è caduto a causa di un mix di contraddizioni endogene e dalla crescita demografica dei popoli barbari. Le prime hanno causato l’indebolimento del nucleo stesso dell’espansionismo romano come l'esercito e l'Imperatore. Dall’esterno invece molti popoli conquistati crescevano e covavano voglia di riscatto. Copiando le tecnologie ed usando le vie di comunicazione dei Romani, questi popoli hanno messo in ginocchio l'Invasore[2]. L’impero Americano di cui l’Europa è un’importante periferia potrebbe seguire lo stesso destino.


Ultimamente mi sono imbattuto in un sito divertente. Probabilmente in un prossimo futuro quest’idea avrà un successo milionario simile a quello di YouTube. Credo che sia interessante soprattutto per i blogger in cerca di notorietà, i cosiddetti “egonauti”. Il sito si chiama GoogleFight e permette di effettuare sfide tra due termini presenti in Internet per scoprire il più citato o linkato, quindi il più famoso. Curiosamente Ségolène Royal, la vincitrice delle primarie per la scelta del candidato premier in Francia, ha ottenuto più occorrenze di Mahmoud Ahmadinejad, il presidente iraniano (3.480.000 a 1.420.000). I motivi possono essere tanti: la difficoltà di scrivere correttamente “Ahmadinejad”, il numero di internauti europei rispetto ai medio-orientali, il provincialismo europeo rispetto ai temi di importanza planetaria, la frivolezza della novità. Di certo fà riflettere il fatto che un leader di una importante potenza regionale così al centro dell’attenzione geopolitica internazionale sia meno citato di una signora che ha sì vinto le primarie in Francia, ma che in fin dei conti non è ancora nessuno (forse lo sarà dopo le Presidenziali del 2007).

Mark Steyn al contrario avrebbe sostenuto che anche questo è un epifenomeno della tendenza alla “femminilizzazione” della civiltà europea. Nel suo ultimo libro[3] Steyn sostiene che la minaccia islamista è la sfida più importante per l’Europa. L’autore punta il dito contro il retaggio dei due totalitarismi (fascista e comunista) nel Vecchio Continente. Traumatizzati dal fascino elettorale esercitato dal fascismo, nella fase successiva alla Seconda guerra mondiale, gli Stati europei furono costruiti in modo dirigenziale "per isolare quasi del tutto la classe politica dalle pressioni populiste". Con la conseguenza che l'establishment "arrivò a considerare gli elettori alla stregua di bambini". In secondo luogo, la minaccia sovietica durante la Guerra Fredda indusse la leadership americana, intollerante delle deboli reazioni dell'Europa (e del Canada), a prendere di fatto le sue difese. Questa politica benevola e lungimirante portò alla vittoria del 1991, ma sortì altresì l'involontario e meno salutare effetto collaterale di rendere disponibili degli stanziamenti europei per costruire uno stato sociale.
Questi processi hanno portato alle seguenti conclusioni:
- Lo stato ipergarantista ha trattato in modo infantile gli europei, incutendo in essi timori in merito a pseudo-questioni come il cambiamento climatico, femminilizzando al contempo gli uomini.
- Esso, inoltre, li ha inibiti sottraendo loro "la maggior parte delle fondamentali funzioni di adulti", a partire dall'istinto di riproduzione. Dal 1980 circa i tassi di natalità sono crollati, lasciando una inadeguata base previdenziale per i lavoratori.
- Strutturato sulla base di un sistema teso a limitare le spese al reddito effettivo, esso equivale a uno schema di Ponzi intergenerazionale
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, dove i lavoratori odierni dipendono dai loro figli per le pensioni.
- Il crollo demografico implica che i cittadini autoctoni di paesi come la Russia, l'Italia e la Spagna si trovano all'inizio di una spirale da mortalità di popolazione.
- Esso ha portato a un crollo della fiducia che a sua volta ha generato un "esaurimento di civiltà" lasciando gli europei impreparati a lottare per il loro modo di vita.

Innanzitutto voglio esprimere il mio dissenso su un assunto di Steyn. Non credo che il cambiamento climatico sia uno pseudo-problema da “femminucce”. Anzi, ritengo che questa tematica è centrale ed influenzerà i rapporti di forza tra le potenze mondiali. Ritengo inoltre che una Rinascita del sentimento ambientalista simile al Rinascimento Italiano del XV secolo, possa determinare un ritorno in auge dell’Europa. Prima o poi infatti anche i cosiddetti paesi in via di sviluppo (Cina ed India su tutti) dovranno adeguarsi alle normative stabilite dal Protocollo di Kyoto e confermate dalla recente Conferenza di Nairobi. L’Europa possiede già il know-how ed il rispetto della natura necessari a guidare gli altri paesi.

Nel mese di Novembre 2006 ci sono state diverse ricerche di istituti italiani che confermano queste ipotesi di decadenza.
- Gli italiani non vogliano studiare le lingue chiudendosi in una sorta di autarchia culturale paradossale in piena globalizzazione dei mercati; inoltre l’uso delle lingue è ritenuta inutile per il 26% delle piccole imprese (ricerca condotta da Letitfly, organismo che si occupa delle ricerche sulla formazione linguistica degli italiani per conto del ministero del Lavoro, e dal Censis).
- Secondo il Cineas (consorzio universitario per l'ingegneria nelle assicurazioni), le paure degli italiani sono soprattutto emotive e non reali.
- Giovani sfiduciati, in cerca di protezione, ma con una visione del futuro che è come un campo aperto, pronti quindi a ogni possibilità, convinti che nessuna scelta sia per sempre. Dal Sesto Rapporto dell'Istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia, presentato al Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività sportive Giovanna Meandri emerge che "siamo di fronte ad un marcato senso di appagamento materialistico nelle giovani generazioni”.
- Gian Maria Fara, presidente dell'Eurispes riassumendo il 7° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza realizzato da Eurispes e Telefono Azzurro, spiega che l'esigenza di un mondo migliore e di una società più giusta, che aveva plasmato le generazioni precedenti, è molto meno avvertita dai giovani di oggi. La politica non sembra essere in grado di proporre progetti, alimentare sogni, indicare prospettive di una società migliore. L'impossibilità della politica di proporsi in termini di progetto è percepita significativamente dai giovani".

Carroll Quigley, nella sua periodizzazione dell’evoluzione delle civiltà storiche, sostiene che il decadimento porta alla fase dell’invasione “quando la civiltà non è più capace di difendersi perché non ha più la volontà di difendersi, e si offre prostrata agli “invasori barbari”, spesso provenienti da un’altra civiltà, più giovane e più potente[5]. Come visto sono molti i segnali di questo processo di decadimento valoriale dell’Occidente.

Samuel P. Huntington afferma che il degrado morale più spesso rilevante comprende: l’aumento di comportamenti anti-sociali quali atti criminali, uso si droga e violenza in generale, decadimento dell’istituzione della famiglia (divorzi, figli illegittimi, famiglie monoparentali), declino del “capitale sociale” (associazioni di volontariato) e della fiducia interpersonale, indebolimento dell’”etica del lavoro” e la nascita di un culto dell’auto-indulgenza, minor impegno culturale (abbassamento del rendimento scolastico e scelta di facoltà umanistiche)[6].


Tale ragionamento rischia di ricadere sulle sabbie mobili di un relativismo culturale mai sopito. Ciò che i diversi autori imputano alla sfera del degrado dell’Occidente può infatti essere visto come una conquista in chiave emancipativa. Il pacifismo, i Pacs, i diritti dei gay, il narcisismo maschile per citarne alcuni, sono davvero una minaccia per l’integrità delle nostre culture?

La questione centrale è se esiste un’analogia tra il declino dell’Impero Romano con Roma al centro e il sempre più marcato indebolimento dell’egemonia occidentale con gli Stati Uniti come paese guida.
A mio avviso il parallelismo esiste. Il periodo attuale è caratterizzato da un allargamento dei centri di potere, dall’ascesa di popoli demograficamente potenti (cinesi e arabi), crescente insicurezza e zone franche prive di legislazione. Nasce un nuovo medio-evo in cui nuovi principi sfoggiano armi micidiali per evitare di essere a loro volta attaccati (Nord Corea ed Iran su tutti), in cui i regnanti si affannano a ricercare legittimazione da Dio per ottenere il consenso delle masse. La lingua inglese si volgarizza e rifioriscono idiomi connessi alle economie emergenti.

I ricorsi storici possono venirci in aiuto. Un nuovo Rinascimento Occidentale caratterizzato dal ritorno in auge di vecchi popoli che possiedono la Storia e la Cultura per superare le contraddizioni del presente. L’Europa è molto attenta al problema ambientale. Probabilmente questa tematica sarà centrale nel dibattito politico e tecnologico mondiale e l’Europa sarebbe pronta a prendere le redini di un nuovo corso storico.
Le civiltà che sopravvivono, infatti, sanno imparare dai propri errori.


[1]
Citando un celebre testo di
Giorgio Bocca, Basso Impero, 2003. Secondo l’autore Grazie a un’inedita mistura di fondamentalismo religioso e fondamentalismo economico, la superpotenza globale di Gorge W. Bush procede, tra lo stupore dell’Europa e del mondo, ad attuare il suo disegno di conquista economica e controllo militare. Ma lo stupore, argomenta Bocca, non ha ragion d’essere: il modello democratico americano è sempre stato fin dai suoi inizi legato alla ricchezza, vista come premio divino, e alla conquista, assai poco sensibile invece alle tematiche sociali e all’egualitarismo, a differenza dell’Europa, nella quale non solo la sinistra ma anche la destra ha sviluppato nel tempo una sensibilità sociale. Il fatto nuovo è la progressiva caduta delle giustificazioni, dei pretesti di cui si ammantava.
[2] Per un approfondimento della caduta dell’Impero Romano si consulti la monumentale opera di Edward Gibbon,
The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, vol. I, 1776; vols. II,III, 1781; vols. IV,V,VI, 1788. Gibbon sostiene che la caduta dell’Impero sia da imputare a diversi fattori. Il più determinante fu senz’altro la rilassatezza del popolo romano di fronte all’ardore dei popoli barbari. Gibbon ritiene che i romani siano diventati col tempo “effeminati” e pacifisti. Anche il culto cristiano ha influito sul processo di decadenza per via della credenza che esista una vita migliore dopo la morte. Si veda anche Peter Heather, La Caduta dell’Impero Romano, 2006.
[3] Marc Steyn, America Alone: The End of the World as We Know, 2006.
[4]
Ponzi era un furfante che fece fortuna col metodo che porta il suo nome, sfruttando la bolla immobiliare in California. Il meccanismo è semplice. Un tizio vi consegna 100 euro. Lo rimborsate con i 200 euro di altri due tizi che ne depositano 100 ciascuno dopo di lui. Questi ultimi due gonzi li rimborsate con i 400 euro versati dai quattro gonzi che arrivano eccitati dai racconti del primo gonzo. E’ chiaro che quest’ultimo, sbalordito per il fatto di essere stato pagato, rientra ben presto nella catena. Se il fenomeno si espande a valanga, quelli che entrano nella catena continuano ad aumentare. La bolla scoppia se uno dei felici vincitori non rientra. Alla fine guadagna chi lascia la nave in tempo (Sindrome del Titanic). Si veda Bernard Maris, Antimanuale di Economia, 2003.
[5]
Carroll Quigley, The Evolution of Civilization: An Introduction to Historical Analysis, 1961. Quigley individua un modello comune di evoluzione delle civiltà. La civiltà occidentale iniziò a formarsi gradualmente tra il 370 ed il 750 d.C., attraverso la commistione di elementi delle culture classica, semitica, saracena e barbarica. A un periodo di gestazione, protrattosi dalla metà del VIII alla fine del X secolo, seguì un movimento oscillatorio, inusuale tra le civiltà, tra fasi di espansione e fasi di conflittualità. L’Occidente appare oggi sul punto di uscire da una fase di conflittualià diventando un’area sicura, preludio del declino. Le civiltà crescono poiché possiedono uno “strumento di espansione”, vale a dire un’organizzazione militare, religiosa, politica o economica che accumula eccedenze e le investe in innovazioni produttive. Le civiltà declinano quando cessano di applicare queste “eccedenze” a nuovi modi di fare le cose. Sul caso americano si vedano anche
Paul Kennedy, Ascesa e declino delle grandi potenze, 1987 e le ultime opere di Shmuel N. Eisenstadt.
[6]
Samuel P. Huntigton, The Clash of Civilizations and the Remarking of World Order, 1996.

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