mercoledì 13 dicembre 2006

L' "Effetto ICI"

Feed XML offerto da BlogItalia.it

E’ sempre vero che le persone riescono a valutare ciò che è bene e ciò che è male? Gli elettori sono in grado di capire gli effetti di lungo periodo di una legge di bilancio?


L’economista
J.K. Galbraith suggeriva che nelle società contemporanee “il benestante perde interesse nel destino del non privilegiato[1].
E sembrerebbe proprio questo il concetto a cui Silvio Berlusconi si è affidato nell’ultimo dibattito pre-elettorale del 3 Aprile 2006 quando, puntando il dito verso milioni di italiani, ha dichiarato che avrebbe
eliminato l’ICI sulla casa per tutte le famiglie.
Un vero colpo da maestro. E avrebbe potuto funzionare soltanto in un paese come l’Italia. Bisogna considerare che Berlusconi arrivò politicamente stremato a quell’appuntamento e tutti i sondaggi lo davano abbondantemente alle spalle di Romano Prodi. Eppure quella sortita riuscì immediatamente a pulire con un panno un’intera legislatura di leggi ad personam, crescita zero del PIL, precarietà ai massimi livelli e nessuna liberalizzazione.

L’Italia è un paese che con Alcide De Gasperi scelse la via americana di sviluppo. Da quel momento, assieme allo sviluppo economico, è arrivato anche l’individualismo in un contesto già fortemente frammentato.
Il sociologo Edward C. Banfield nel suo libro "Le basi morali di una società arretrata" del 1958, coniò l’espressione di “familismo amorale” per affermare un concetto simile. Le famiglie meridionali di quegli anni presentavano un comportamento volto a massimizzare gli interessi all'interno della propria cerchia familiare traducendosi nell'incapacità di costruire solidarietà allargate al di fuori di essa, nella convinzione che gli altri si comportino allo stesso modo (per questo egli vi aggiunge l'aggettivo amorale).

L’”Effetto ICI” sfrutta questa specificità del tessuto sociale italiano. I politici accorti sanno benissimo che a nessuno importa se grazie all’ICI i comuni italiani hanno i mezzi economici per garantire i servizi essenziali, per la pacifica convivenza e per il bene generale. Al contrario l’istinto acquisito da “free rider” ci fa dimenticare le normali responsabilità di membri di una comunità che si prefigge il compito di permettere a tutti una vita dignitosa. Ciò che davvero conta è non pagare l’ICI.


Se analizziamo la dinamica elettorale con questa metodologia, riusciamo perfino a capire il motivo per cui Romano Prodi è in netto calo nei sondaggi[2]. Il Presidente del Consiglio si difende parlando di errori tattici (tradotto: di comunicazione) e di tavoli sbagliati[3]. Ma la realtà è che nessuno in Italia ama perdere un metro del suo orticello. Le economie delle rendite da dinastia rappresentano tuttora il maggior canale di ricchezza delle giovani generazioni italiane[4]. Né merito né gavetta.
Ragion per cui questo processo storico e sociologico ha finito per intaccare la realtà valoriale delle persone, reificandosi in comportamenti ed automatismi concreti[5]. In altre parole, si dà per scontato e reale quello che è soltanto contingente ed effimero.
In Svezia, ad esempio, le persone che percepiscono l’indennità di disoccupazione senza averne il diritto, lo dichiarano negli uffici competenti. Nel mondo anglosassone, non pagare le tasse è altamente riprorevole. Sono forse poco furbi? No, al contrario. Essi sono portatori del più alto senso civico (civicness) che l’uomo possieda.
Robert Putnam definisce il capitale sociale come "aspetti della vita sociale - reti, norme e fiducia che abilitano i partecipanti ad agire assieme in maniera più efficace nel perseguimento di obiettivi comuni”. L'autore pone l'accento sulla caratteristica del capitale sociale che ne fa un facilitatore di azione collettiva.
Putnam intende verificare quali fattori influiscano sul rendimento delle istituzioni. Al termine della sua analisi individua nella civicness (cultura civica) uno di questi fattori. Con la civicness si intende un orientamento dei cittadini verso la politica che non è mosso da aspettative particolaristiche, ma da una visione dell’interesse individuale legata ad una concezione del bene comune. La civicness è identificata con la diffusione di un’ampia fiducia interpersonale, che facilita la cooperazione tra i cittadini per obiettivi comuni ed il funzionamento delle istituzioni politiche. Sul piano empirico, la civicness viene misurata con riferimento alla partecipazione ad associazioni.
Il politologo americano ha svolto un’ indagine nel nostro Paese per dimostrare che il rendimento delle istituzioni pubbliche, un elevato livello di integrazione politica e il buon funzionamento del sistema economico sono il risultato di una riuscita accumulazione di capitale sociale (inteso come tradizioni civiche) a livello regionale
[6].



La difesa della specie è comune a tutti gli organismi del pianeta e si manifesta nella procreazione. Nella razza umana il benessere comune ha perso di significato. James Lovelock, il creatore della "teoria di Gaia", sostiene che l’uomo sembra comportarsi come una forma di parassita virale, il quale attacca le risorse di un determinato territorio fino a dissiparlo, per poi andare alla ricerca di nuovi territori da sfruttare. Il problema, per Stephen Hawking, è che l’uomo non è ancora in grado di viaggiare su altri pianeti[7].
Il gene ,secondo l’etologo Richard Dawkins, è egoista
[8].
Messa in questi termini sarebbe “innaturale” avere un comportamento teso alla massimizzazione dei risultati individuali.
Dico questo perché sento spesse volte da ricchissimi imprenditori, da avvocati affermati e da molti altri percettori di rendite da dinastia, proteste per una Finanziaria che vuole difendere l’Interesse Generale.
Venendo a mancare il collegamento spaziale e temporale tra produzione e consumo, tra capitale e lavoro, è caduta anche l’alleanza tra datori di lavoro e subordinati. Ma è fin troppo semplicistico formulare la seguente domanda: chi sono i compratori? Evidentemente si guarda la forbice (che si allarga) tra grandi ricchi e grandi poveri soltanto dal primo lato. Si producono prodotti di lusso e di alta qualità per i nuovo ricchi dei paesi BRIC
[9]. Tutti gli altri dal discount, sempre che se lo possano permettere.


Ma torniamo al concetto iniziale. Se le risorse economiche sono scarse e gli interessi tutti diversi l’uno dall’altro, il caos sarebbe l’inevitabile punto d’arrivo di una politica ultra-populista in cerca del consenso. Governare, invece, significa ricomporre gli interessi antitetici di vaste aggregazioni di popolazione e sintetizzarli in vista del benessere della maggioranza. Si potrebbe vieppiù pensare di svantaggiare la maggioranza della popolazione ma solo in via provvisoria, in modo però da innescare uno sviluppo nel medio periodo che favorisca tutti[10].
I governi che producono dissenso sono quelli che toccano gli interessi dei “produttori del consenso”, ossia degli individui e dei gruppi in grado di organizzarsi a tal fine. Nelle società post-moderne disgregate, individualiste e sempre più precarie, in piazza scendono i benestanti.




[1] J.K. Galbraith, Culture and Contentment, 1992
[2]
Il Premier è al 42% di gradimento, in luglio era al 58%. Fra i ministri bene D'Alema, Di Pietro, Amato. Pollastrini in crescita. Da Repubblica del 13/1/2006.
[3]
Tra qualche mese si capirà il senso della nostra Finanziaria e quindi ci saranno perdonati anche gli errori tattici che abbiamo fatto», ha detto il presidente del Consiglio Romano Prodi nel suo intervento per i 60 anni della Cna (Confederazione Nazionale dell'Artgianato e della Piccola e Media Impresa) . «La Finanziaria la farei in modo identico ma diversamente, con tavoli più articolati perché non abbiamo interpretato il Paese. La Finanziaria», ha aggiunto Prodi, «è sostanza e noi non vogliamo mentire al Paese visto che per cinque anni è stata promessa una crescita del 2-3%. Da noi avrete sempre obiettivi dichiarati inferiori a quelli che raggiungeremo, perché mi sono posto l’obiettivo di non mentire mai al Paese». Da “Corriere della Sera” del 13/12/2006.
[4]
Alvi Geminello, Una repubblica fondata sulle rendite. Come sono cambiati il lavoro e la ricchezza degli italiani, 2006
[5] Reificazione, dal latino res ("cosa"). Il processo esposto dalla filosofia marxista per cui l'uomo si astrae da se stesso e si percepisce come cosa tra le cose. L'uomo diventa una cosa e sente così di soggiacere alle stesse leggi che regolano quelle cose che produce e che costituiscono l'attività peculiare della sua esistenza.
Gyorgy Lukàcs sosteneva che la reificazione equivale alla oggettivazione dei rapporti (reificazione = identificazione con la realtà, estraniazione da sé stessi)
[6] Robert Putnam, Making democracy work: civic Traditions in Modern Italy, 1993.
[7] Mentre la Royal Society gli conferiva la Copley Medal , il più alto riconoscimento scientifico britannico, Hawking ha approfittato dell'occasione per affermare che "la razza umana non sopravviverà se rimarrà confinata su un unico pianeta. Perciò dobbiamo andare, come direbbe Buzz Lightyear di Toy Story, verso le stelle e oltre". Da Internazionale n.673 del 22/12/2006, "Camera con vist sulla Terra"
[8]
Richard Dawkins, The Selfish Gene, 1994. Il libro ruota intorno ad un nucleo di idee:
- Il protagonista del processo di evoluzione non è la specie e, a guardar bene, nemmeno l'individuo, ma il singolo gene (il 'replicatore') o al più un pool di geni.

- Il gene funziona in modo da massimizzare le sue probabilità di sopravvivenza tramite duplicazione. Usando una metafora, potremmo dire che unico vero 'scopo' del gene è duplicarsi.
- Gli organismi complessi che compongono l'ambiente che ci circonda non sono altro che 'vettori' del gene, ovvero 'macchine da sopravvivenza', a volte molto complesse, frutto dell'evoluzione del gene che si garantisce la sopravvivenza e la replicazione con meccanismi sempre più raffinati. Non è quindi il DNA che serve all'individuo per riprodursi, ma è l'individuo ad essere uno strumento perchè il gene si possa riprodurre e diffondere.
- Per sua natura il gene è 'egoista', nel senso che non compie azioni che aumentano le probabilità di replicazione di un altro gene a discapito delle proprie. Quello che interpretiamo come altruismo è al più 'egoismo illuminato'.-I comportamenti a livello individuale e sociale delle specie animali sono guidati dal meccanismo del gene 'egoista'. Ciò non esclude che nella specie umana si possano instaurare atteggiamenti altruistici, che sono però appresi e non innati.
[9] Brasile, Russia, India, Cina.
[10] Il concetto è simile a quello di "solidarietà dinamica", secondo cui l'equità migliore e più durevole non è quella dell'egualitarismo al ribasso bensì quella che si raggiunge con lo sviluppo. Alberto Quadrio Curzio in Economy n.52 del 21 Dicembre 2006, "La Finanziaria che avrei voluto".

1 commento:

mario ha detto...

Vola un pò troppo in alto il tuo post. Qualche economista (che tu sicuramente conosci) diceva che "nel lungo periodo siamo tutti morti".
Se il punto (o uno dei punti) è ricostruire anche una coscienza civica nelle persone bisogna in ogni caso avere comportamenti coerenti come classe dirigente (e dare strumenti e creare occasioni che siano motore di ricostruzione di questo).
Oggi al ceto politico che ho votato questo manca.
In secondo luogo governare significa rappresentare interessi di parte, di quelli che ti hanno dato il mandato su alcune questioni che fanno la differenza con chi ti ha preceduto. Dove è la differenza?
Io non mi preoccupo che fischino Prodi al motor show o che la destra vada in piazza, mi preoccupa la dissilusione di quella massa di soggetti che sono la spina dorsale del centro sinistra. Non sono ceti medi.Sono per lo più ceti medio/bassi (nel senso del reddito).A questi manca quel leader che anche zoppo (ricordi Berlusconi?) si alzi in piedi e sia capace di trascinarli con il cuore oltre l'ostacolo.